Il Metodo Tiny Habits

Questo è un riassunto ironico del libro fatto alla mia maniera, pensato per te che hai sempre troppa fretta o zero voglia di leggere mille pagine. E sì, lo so: non hai mai tempo, tranne quando devi scrollare TikTok o stalkerare il profilo dell’ex mentre fai finta di lavorare o meditare.Se invece hai davvero voglia di leggere il libro originale puoi tranquillamente acquistarlo qui

RIASSUNTO

TINY HABITS (ovvero: come fregare il tuo cervello e farlo diventare il tuo migliore amico con mosse da ninja zen)

1. Chi è questo BJ Fogg e cosa vuole da noi

BJ Fogg non è un nome da supereroe Marvel, anche se un po’ lo sembra. È un professore di Stanford che studia da anni i comportamenti umani. Mica come quelli che ti dicono "basta volerlo". No, lui va al microscopio: studia le abitudini come se fossero batteri da laboratorio.

Ma il suo superpotere è questo: invece di insegnarti a scalare l’Everest con le infradito (che è il metodo motivazionale standard), lui ti dice: “Ehi, ma se provassimo a salire UN GRADINO alla volta, ogni giorno, magari anche scalzi, ma almeno senza esaurirsi?”

Ecco la filosofia delle Tiny Habits: piccoli cambiamenti che richiedono pochissima motivazione, così minuscoli che il tuo cervello neanche si accorge che lo stai fregando. Ma dopo un mese... ZAC! Sei diventato una persona nuova. O quasi.


2. Il Santo Graal del comportamento umano

BJ Fogg ha scoperto una formula (perché se non c’è una formula, oggi nessuno ti ascolta):
B = MAP
Che non è una mappa del tesoro, ma:

  • B = Behavior (comportamento)

  • M = Motivation (motivazione)

  • A = Ability (abilità)

  • P = Prompt (stimolo)

Tradotto dal fogghese: tu fai qualcosa solo quando sei abbastanza motivato, hai la capacità per farlo e qualcosa ti ricorda di farlo. Semplice, no?

In teoria sì. Ma nella pratica, ci imbottiamo di buoni propositi tipo: “Da domani mi alzo alle 5 e corro 10 km”, quando l’unica cosa che ci alziamo è il livello di zucchero nel sangue con la colazione.

Il trucco di Fogg? Non affidarti alla motivazione. Perché la motivazione è una diva capricciosa: oggi c’è, domani è in vacanza a Bali. Meglio puntare su abilità + stimolo.


3. Le abitudini grandi fanno flop, quelle piccole fanno BOOM

Fogg ci racconta la verità che nessun coach motivazionale ti dirà mai:
Le abitudini gigantesche sono una trappola.
Ogni volta che dici “Da domani palestra 6 volte a settimana” stai firmando il certificato di morte del tuo entusiasmo.

La soluzione? Inizia così:

  • “Dopo aver lavato i denti, faccio due piegamenti.”

  • “Dopo aver fatto pipì, bevo un bicchiere d’acqua.”

  • “Dopo aver messo il piede giù dal letto, dico ‘Oggi sarà un giorno fantastico!’ anche se fuori piove e il gatto ha vomitato nel letto.”

Due piegamenti. Un bicchiere d’acqua. Una frase cretina ma motivante.
Non ti serve di più. Perché il trucco è iniziare, non strafare.


4. Il prompt: ovvero la sveglia che non suona (ma funziona)

La chiave di tutto è il prompt, che non è una sveglia fastidiosa ma una sveglia gentile. Un comportamento che già fai e che puoi usare come ancora per agganciarci il nuovo.

Tipo:

  • Dopo il caffè → respiro 3 volte profondamente.

  • Dopo aver chiuso il laptop → faccio 5 minuti di stretching.

  • Dopo aver detto "che giornata di m...", mi dico: “Ehi, poteva andare peggio, potevo essere nel traffico di Roma.”

Fogg suggerisce di cercare questi “punti di ancoraggio” nella tua routine quotidiana. Le tue nuove abitudini diventano dei parassiti positivi: si appoggiano a quelle vecchie e le colonizzano. Ma in modo simpatico, eh.


5. Il potere della celebrazione: ovvero, fatti un applauso

Ora, se sei italiano medio, l’idea di celebrare te stesso per aver fatto due flessioni ti sembrerà ridicola. Ma Fogg insiste: la chimica cerebrale va ingannata con lodi e applausi.

Hai fatto una piccola azione? Bene. Ora di’ a te stesso:

  • “Bravo, campione!”

  • “Sei un dio del miglioramento personale!”

  • O anche solo: batti le mani come un bambino all’asilo.

Perché? Perché l’abitudine si lega all’emozione. Non all’azione. Se ti senti fiero e allegro, il cervello registra: “Oh! Questa cosa mi piace! Facciamola ancora!”

Sembra stupido? Lo è. Ma funziona. E tu vuoi che funzioni, non che abbia senso.


6. Come nasce una Tiny Habit

Ecco il processo in tre fasi, formato Ikea (ma senza brugola):

  1. Trova un comportamento ancora
    Qualcosa che fai tutti i giorni, sempre nello stesso modo. Es: lavarsi i denti.

  2. Aggancia una piccola abitudine
    Es: dopo i denti → due piegamenti, o dire “oggi spaccherò il mondo” (anche se poi spacchi solo un biscotto).

  3. Celebra!
    Es: urla “Sììì!” nel bagno (sconsigliato se vivi con altre persone).

Non serve forza di volontà. Non serve nemmeno tempo. Serve solo costanza minuscola, come i mini-M&M's del cambiamento personale.


7. Perché le Tiny Habits funzionano davvero

Il motivo è semplice, anzi, triplice:

  • Non attivano il radar della resistenza interna. Sono così piccole che la tua voce interiore non ha il tempo di dire “Che palle”.

  • Crescono da sole. Come i gerani sul balcone: se li innaffi un minimo, ti invadono la ringhiera.

  • Ti danno un senso di autoefficacia. Ovvero: “Ce la sto facendo!”, che è come doping psicologico ma legale.

BJ Fogg racconta che le persone che iniziano con una tiny habit finiscono per cambiare interi aspetti della loro vita. Ma non perché volevano. È successo per sbaglio, camminando un piccolo passo alla volta. Come quando metti “solo un episodio” su Netflix e te ne fai otto.


8. E le cattive abitudini?

Anche qui, niente fustigazioni. Fogg dice: non combatterle. Spiazzale.

Crea alternative minuscole:

  • Invece di fumare → bevi acqua.

  • Invece di mangiare biscotti → mangia una mandorla (ok, non è la stessa cosa, ma fingiamo).

  • Invece di aprire Instagram → apri una pagina a caso di un libro. Anche il menù del ristorante va bene.

La chiave è interrompere il loop. Non distruggere il palazzo: cambia solo il corridoio.


9. Tiny Habits nella vita reale (cioè: nella giungla urbana del caos quotidiano)

Fogg condivide decine di esempi reali: genitori stressati, lavoratori infelici, pensionati in cerca di nuovi stimoli… Tutti hanno trovato sollievo nei piccoli gesti quotidiani.

Esempi concreti:

  • “Dopo aver chiuso la macchina a chiave, mi allungo e respiro.”

  • “Dopo essermi seduto alla scrivania, mi chiedo: ‘Cosa conta davvero oggi?’”

  • “Dopo essermi lamentato con mia madre, mando un messaggio gentile a qualcuno” (questo è per i livelli pro).

La magia è che una Tiny Habit non è l’obiettivo, ma l’innesco. È come accendere un fiammifero: magari scaldi solo le mani, ma potresti anche accendere un camino.


10. L’effetto valanga (ma iniziato da una palla da ping pong)

Dopo settimane, quelle minuscole azioni si accumulano. Due flessioni diventano cinque, poi dieci. Una pagina di diario diventa un paragrafo. Una frase positiva diventa una mentalità.

Il cambiamento diventa inevitabile, ma senza trauma. Come quando ti accorgi che il tuo gatto ti domina e non te ne eri accorto.


11. Conclusione: perché BJ Fogg è il tuo nuovo psicoterapeuta zen

BJ Fogg non urla. Non ti dice “alzati e combatti!”. Ti guarda e ti dice:

“Ehi, prova a fare solo una flessione. Se poi non ti va di farne due… pazienza. Ma intanto ne hai fatta una.”

E con quel tono pacato, ti frega. Perché alla lunga, una abitudine piccola ma coerente batte sempre l’impulso eroico ma isolato.


12. In sintesi (per chi ha saltato tutto fino a qui)

  • Le Tiny Habits sono abitudini minuscole.

  • Funzionano perché non richiedono motivazione.

  • Si agganciano a comportamenti già esistenti.

  • Si consolidano con celebrazioni istantanee.

  • Crescono in modo naturale.

  • Trasformano la tua vita… ma per sbaglio.